venerdì 4 agosto 2017

Ciak, si legge: l'Inferno di Dan Brown e Ron Howard

Salve lettori!
Prima di entrare nel vivo dell'argomento, tenevo ad avvisarvi che il seguente articolo contiene spoiler. Se avete intenzione di leggere il romanzo o vedere il film in questione senza rovinarvi il piacere della scoperta, siete liberi di chiudere gli occhi e passare oltre!

Non sono mai stata una grandissima fan di Dan Brown. Ho iniziato, probabilmente come tanti altri, ad avvicinarmi al suo mondo leggendo Il codice da Vinci e, seppur infastidita dalle volute imprecisioni artistico-storiche per far quadrare la narrazione, devo dire che non mi è dispiaciuto. Non posso, tuttavia, dire altrettanto di Inferno, pubblicato nel 2013, che vede sempre come protagonista il professore di simbologia Robert Langdon.
Questa volta il romanzo è ambientato a Firenze, dove il buon Robert si risveglia in un letto d'ospedale con una ferita alla testa e un'amnesia temporanea. Non capisce come sia arrivato in quella città e non sa chi abbia interesse ad ucciderlo, perseverando nel proprio intento. Il professore, confuso e stordito da strane allucinazioni, si ritrova a dover scappare aiutato dalla dottoressa Sienna Brooks. Inizierà una caccia all'uomo che porterà lo studioso persino a Venezia e Istanbul, con colpi di scena inaspettati e i soliti enigmi da risolvere per giungere al "bandolo della matassa". Questa volta il mistero si annida dietro il più grande poema di tutti i tempi: l'Inferno di Dante Alighieri. La popolazione del nostro pianeta è in continuo aumento e, per evitare che si trasformi in un vero e proprio inferno sulla Terra, qualcuno ha escogitato un piano per non far "implodere" il sistema.
Molti mi hanno sconsigliato questo romanzo giudicandolo monotono, catastrofico o improbabile. Forse.
L'inizio è accattivante e intrigante ma, pagina dopo pagina, si finisce per ricadere nel solito schema già visto nei romanzi precedenti.
Dan Brown riesce con sapiente maestria a tenere viva l'attenzione dei lettori con le sue descrizioni mozzafiato (dettagliate con dovizia da guida turistica) e i colpi di scena (quasi) inaspettati. Tuttavia, non credo che questo sia sufficente a dar credito a un romanzo costituito perlopiù da tesi tirate fino all'inverosimile e spiegazioni frettolose sulle quali l'autore (probabilmente di proposito) non si sofferma più di tanto.
Seppure un po' sbrigativo, sono stata piacevolmente sorpresa dal finale, l'elemento di novità che ho cercato in tutto il romanzo!


Foto tratta da mymovies.it
Tutto sommato potrei promuovere il libro e consigliarlo ai neofiti del genere e agli ammiratori di Dan Brown.
Ma non posso fare altrettanto con il film, distribuito nei cinema dalla Warner Bros. Italia e diretto da Ron Howard.
Confusionario, una corsa continua e, soprattutto, diverso. Totalmente diverso rispetto al libro che ne è uscito del tutto snaturato. Si può certamente ammettere per scopi cinematografici una leggera variazione dal romanzo, ma cambiarne direttamente il finale e stravolgerne il senso, no.
Probabilmente la scelta può essere giustificata con il fatto di voler regalare agli spettatori un happy ending e liberarli da quell'aura di pessimismo misto a catastrofismo del libro in cui la bomba, infatti, era stata progettata per la sterilizzazione di un terzo della popolazione mondiale, in modo che, generazione dopo generazione il problema del sovraffollamento potesse essere risolto. Rispettando il suo fine supremo e vista in questi termini, il villain della storia risulta davvero cattivo fino a un certo punto.
Nella pellicola, invece, i "cattivi" somigliano a psicopatici terroristi con l'unico obiettivo di giungere a uno sterminio di massa. Tanto più che, nel film, Sienna non collaborerà con la Sinskey per studiare e arginare gli effetti del virus fuoriuscito dalla sacca.
Ho apprezzato, nonostante abbia un po' smorzato l'atmosfera thriller, la scelta di attribuire un passato sentimentale a Langdon: questo ha reso il personaggio meno piatto e più umano.
Mi sono sentita, invece, un po' offesa da certi stereotipati e irrispettosi commenti sugli italiani. Non aggiungevano, né toglievano alcunché alla trama. Anzi.

Non è certo il mio miglior lavoro, ma per gli italiani può bastare!

 Siamo in Italia, non c'è bisogno di dire che è tua nipote.

Per farla breve come il finale: dal giudizio negativo si salva solo Tom Hanks (Robert Langdon) grazie al suo magistrale curriculum.

2 commenti:

  1. Ciao Piera! Ho scoperto il tuo blog grazie al Liebsten Award di Stefy e Lea "Due lettrici quasi perfette". Mi sono unita ai tuoi lettori e inserito il tuo blog tra quelli che seguo nella mia home page, se ti va di passare da me mi trovi qui:
    www.incantodeilibri.blogspot.it

    Ti aspetto e spero di condividere con te tante letture! Rosa

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